14 Maggio 2019 17:45

Intervista al Direttore Finanza

Nel giro di due settimane sul debito di IGD si sono espresse due agenzie, con rating differenti.
A seguito del giudizio di S&P Global Ratings, IGD resta comunque in area investment grade, con tutti i benefici del caso: qualità e numero dei portafogli istituzionali cui può avere accesso per collocare le emissioni obbligazionarie e opportunità di contenimento del costo del debito. 

 

Il 9 aprile 2019 Moody’s ha annunciato di avere modificato il rating di IGD da Baa3 con outlook negative a Ba1 con outlook stable. Una riduzione che avrebbe comportato un incremento del costo delle due obbligazioni corporate con scadenza 31 maggio 2021 e 11 gennaio 2024.

A distanza di pochi giorni, il 23 aprile 2019 S&P Global Ratings ha assegnato a IGD il rating “BBB-” con outlook stabile e, pochi giorni dopo, ha esteso il rating al prestito obbligazionario pubblico in scadenza al 31 maggio 2021.              

Approfondiamo le ragioni e gli impatti dei nuovi rating parlandone con Andrea Bonvicini, che guida la Direzione Finanza e Tesoreria di IGD.

 

Dottor Bonvicini, quali sono state le ragioni alla base della decisione di Moody’s di ridurre il rating di IGD?

Non è una decisione che ci attendessimo, per cui inizialmente ci ha sorpresi. Dai colloqui intercorsi ed in ogni caso esaminando il loro comunicato, ci siamo resi conto che il giudizio è strettamente legato agli impatti negativi che potranno derivare da un peggioramento dello  scenario macroeconomico dell’Italia e più specificamente dalle difficoltà con cui si deve misurare il segmento retail del settore immobiliare. Pur confermando il proprio apprezzamento per i risultati realizzati da IGD nel corso dell’esercizio 2018, avendo posto il rating sul debito sovrano al primo gradino dell’investment grade, gli analisti di Moody’s hanno ritenuto opportuno ridurre il rating di IGD di un livello.

Due settimane dopo però S&P Global Ratings vi ha assegnato il rating “BBB-” con outlook stabile; fatto che vi ha ricollocato in area “investment grade”. Come mai questa differenza?

La differenza consiste essenzialmente in due aspetti: S&P Global Ratings ha una diversa valutazione del rischio-Italia e attualmente assegna un rating sovrano pari a BBB con outlook negativo. Se anche a settembre S&P dovesse peggiorare il proprio giudizio sull’Italia riducendo il rating di un gradino, ritengo che la Società potrebbe rimanere comunque su un livello “investment grade”. Anche sul settore real estate S&P ha una visione meno negativa rispetto a Moody’s. In pratica il rating di S&P poggia su una lettura diversa relativamente ai primi due motivi che hanno guidato il downgrading di Moody’s.

Un timing provvidenziale, questo dell’assegnazione di un rating al vostro debito da parte loro…

Solo apparentemente. In realtà si tratta del risultato di un’attività che avevamo avviato alla fine del 2018, dopo aver incontrato le altre tre più importanti agenzie di rating, ovvero S&P, Fitch e DBRS. Pur non avendo scadenze significative fino a maggio 2021, avevamo pensato comunque di organizzarci per tempo, in modo da potere contare sul rating di due agenzie quando sarebbe stato il momento di rifinanziare la nostra posizione finanziaria netta. Abbiamo poi deciso di procedere con S&P, che nel mondo del real estate ha l’expertise più elevata, con rating assegnati a circa 70 emittenti. Da lì è partito il processo di valutazione che ha permesso all’agenzia di approfondire la conoscenza sulla nostra realtà e sul Piano Strategico che siamo impegnati a realizzare. Dalle loro analisi sono emersi diversi nostri elementi caratteristici che reputano siano punti di forza.

Grazie al rating di S&P è stato scongiurato il rischio di pagare molti più interessi sul debito?

Esattamente. Con la modifica del rating di Moody’s sarebbe scattata la clausola di step-up, con l’applicazione di un incremento dell’1,25% all’anno del tasso di interesse, al momento del pagamento della prima cedola delle obbligazioni denominate “300,000,000 2.500 per cent. notes due 31 May 2021” e “€100,000,000 2.25 per cent. Senior Notes due 11 January 2024”. Grazie al rating ottenuto da S&P Global Ratings, invece, abbiamo potuto rimanere in area investment grade ed evitare che scattasse la clausola di step-up.

Ci può indicare i principali punti di forza che S&P ha individuato nel vostro modello di business?

Volentieri. S&P ha sottolineato la presenza nel portafoglio IGD di centri commerciali di media dimensione, prevalentemente concentrati nel Centro e Nord Italia. Inoltre ha letto come un vantaggio competitivo la proprietà congiunta di ipermercati e gallerie in 16 immobili, ai fini di un efficiente asset management. L’età media degli immobili è stata calcolata in sette anni, alla luce delle nuove realizzazioni per estensioni e dei refurbishment: un fatto che consente ai centri IGD di rispondere alle attuali preferenze dei consumatori. In un contesto fortemente minacciato dall’eCommerce, è inoltre stata individuata come punto di forza la presenza di un’offerta di ristorazione che incide per il 7% del merchandising mix in IGD, contro il 2% degli altri centri italiani, secondo i dati di CBRE Global Research. S&P ha inoltre ritenuto che IGD abbia un ragionevole cost-occupancy ratio, essendo questo intorno al 12%: il che rende sostenibile i canoni per gli operatori. Molto apprezzato anche il tasso di occupancy, rimasto costantemente al di sopra del 96% dall’IPO a oggi. Il fatto che i ricavi locativi siano rimasti relativamente stabili nell’ultimo quinquennio e che le vendite degli operatori abbiano solitamente superato il tasso di crescita dei consumi in Italia testimonia, secondo quanto espresso da S&P, il solido track record operativo di IGD e la sua capacità di resilienza.

Non sono stati individuati specifici elementi di rischio da parte di S&P?

Sì. L’agenzia sostiene che il fatto che Coop Alleanza 3.0 e Unicoop Tirreno insieme a fine 2018 contassero per il 27% del totale dei ricavi locativi indubbiamente rappresenti un elemento di rischio, anche in considerazione del merito di credito inferiore a quello di IGD. Tuttavia – dice S&P nella sua analisi –  la natura cooperativa del business delle due Coop richiede che la valutazione del loro stato di salute debba concentrarsi sulla loro capacità di pagare i canoni di affitto a IGD. Questo fatto, unitamente al recente accordo sottoscritto con Coop Alleanza 3.0 e alla prevista riduzione dell’esposizione agli ipermercati al 21-22% entro i prossimi due anni, fa considerare a S&P che la situazione sia sotto controllo. Per il resto, la concentrazione di rischio sul singolo cliente è effettivamente modesta: nessun operatore supera infatti il 3,5%.

Quali aspetti del Piano sono stati particolarmente apprezzati da S&P?

Certamente la riduzione del LTV e il mantenimento di un costo del debito molto basso. Questo, insieme al fatto che non avremo esigenze significative di rifinanziarci sino al 2021. E’ poi molto piaciuto che le dismissioni previste dal Piano siano destinate, per i primi 100 milioni, a ridurre il livello del debito.

Che cosa li ha indotti ad attribuirvi un outlook stabile?

Nonostante ci dobbiamo confrontare con le sfide del mercato retail, in S&P ritengono che abbiamo flussi di cassa prevedibili, in quanto come player che ha già navigato anni difficili per i consumi, IGD è in grado di governare le minacce che possono provenire dall’eCommerce e dai nuovi comportamenti di acquisto delle famiglie.

C’è qualche possibilità che possiate fare cambiare idea a Moody’s?

Non è immaginabile nel breve periodo, date le motivazioni alla base della loro decisione. Tuttavia se i primi due rischi che hanno valutato, e cioè la debolezza dell’economia Italiana e le incertezze nel settore real estate, dovessero attenuarsi e una volta realizzato il nostro Piano Strategico – quando cioè avremo condotto il LTV al di sotto del 45% e l’ICR vicino a 4x – il loro giudizio potrà essere diverso. Per parte nostra siamo impegnati a dare execution ad alcune attività previste nel Piano anche con tempi più stretti rispetto a quanto originariamente previsto. D’altra parte le agenzie di rating ogni sei mesi hanno una review della credit opinion, per cui avremo modo di presentare i nostri progressi a tempo debito per vederli riconosciuti  nel livello di rating accordato.

Basta avere un’agenzia che vi giudichi “investment grade” per essere giudicati tali dai fondi?

Sì, infatti: ci basta il rating di S&P per targettizzare i fondi vincolati per statuto a investire solo in emittenti “investment grade”. Gli analisti dei fondi che ci incontrano nei bond roadshow si fanno una loro idea, ma guardano ai rating delle agenzie ancora prima di incontrarci. Risulta comunque evidente che l’ottenimento di due rating in area investment grade ci consente di presentarci ancora meglio agli investitori.

I rating hanno impatto solo sui portafogli degli investitori istituzionali o pesano anche sulle valutazioni del credito bancario?

Tutte le banche hanno procedure interne di valutazione del rating di controparte, ma possono anche decidere di utilizzare il rating pubblico nel caso la società ne sia provvista. Concedere linee di credito a un emittente “investment grade” comporta un assorbimento di capitale inferiore rispetto a concederle a un emittente con rating più basso.

Come sono oggi le vostre linee di credito bancarie?

Al momento non le stiamo affatto utilizzando, ma dopo il pagamento del dividendo ricominceremo ad attingere anche da quella fonte di finanziamento.

Ci sono state ripercussioni sul titolo azionario da questa serie di nuovi rating delle agenzie?

Subito dopo la diffusione della notizia del downgrading di Moody’s abbiamo pubblicato un comunicato nel quale abbiamo indicato chiaramente che l’impatto si sarebbe tradotto in un aggravio di circa 5 milioni di euro degli oneri finanziari, con relativa riformulazione della guidance dell’FFO per l’esercizio in corso. Dopo l’annuncio del rating attribuitoci da S&P abbiamo ripristinato la guidance precedente, di una crescita dell’FFO nell’ordine del 6-7%. Il mercato azionario non ha dimostrato apprensione in occasione della modifica del rating di Moody’s ed è allo stesso modo risultato abbastanza imperturbabile anche rispetto al rating della seconda agenzia. Neanche il titolo obbligazionario pubblico ne ha risentito. Sotto questo profilo non abbiamo avuto volatilità.